CAGNO
Io abito a Cagno, un paese vicino a Como. La mia cagnolina è un bassotto, alto e maestoso come un pinscher, con il fisico turgido e giovane di un mastino napoletano, ma, a prescindere da questo e dalla razza, sono sicura che in qualsiasi caso l’avrei chiamata Cagno.
Cagno mi sembrava un nome poetico, etereo, delicato, sofisticato, esattamente come il mio, Concetta Pancetta. Cagno mi addomesticava, mi insegnava come ci si prende cura di un cane, perché in fondo sapeva che tra le due la più randagia ero io, e quindi, imperterrita, era riuscita ad educarmi bene. - Sì, padrona. Sì - le rispondevo sorridendo, mostrando i canini.
Un giorno mi ritrovai a quattro zampe dietro la porta del bagno ad aspettare che Cagno finisse di pettinarsi. Fece finta di non sentirmi, si preparò ed uscì. Io intanto aspettavo invano che mi mettesse il collare per fare una passeggiata. Nulla. Dopo ore ad abbaiare mi arresi. Da quel giorno non l’ho più vista, scappò libera, mentre io rimasi come un cane fedele, chiusa in casa ad aspettare.
Il giorno dopo comprai dieci cani ergonomici che erano un vero confort. Li usavo come poggia piedi, come cuscino anti-cervicale, come pezzuola per pulire, anche se molto presto mi stufai e li vendetti tutti su eBay. Nessuno era come Cagno, erano solo dei pupazzetti inutili, o forse ero io, così vergognosamente fedele, forse, più di un cane. Con quei soldi comunque comprai un biglietto aereo per Pancè, per riscattarmi, perché tutti mi avevano insegnato che ci si riscatta comprando un bel biglietto aereo e poi, in fondo, avevo sempre voluto vivere in Francia.
La mia nuova vita frrrancese mi piaceva, avevo quasi acquisito un’aria rrraffinata, fierrra, rrrigorosa. Sembrava davvero andasse tutto meglio del previsto senza i miei cani veri e finti. Il 30 Marzo di quell’anno ricordo di essermi svegliata con una voglia incredibile di hotdog. Ne trovai uno confezionato al supermarket e guardando il logo riconobbi il viso di Cagno. Era lei, era diventata il volto di un marchio di hotdog vegan chiamato: hotbau.
Mentre assaporavo quell’hotdog facevo fatica ad ammettere che era davvero buono, mi sembrava di provare la stessa emozione di quando guardavo Cagno. Ero felice. Cagno era tutto la mia famiglia, la mia scorta di coccole, il mio croccantino preferito. Così decisi di comprare tutte le scorte di hotbau vegan esistenti sul mercato per quando ne avrei avuto bisogno, per conciliare la fame - mi dicevo - per conciliarmi con Cagno - mi dicevo -.
Tutto iniziò a Gallarate, la mia città d’origine. Ciao, io sono Gallina, per gli amici Gally, e per tutti in classe io ero Galletta. A scuola a volte io ero sciocca e senza chioccia, un anatroccolo! Ero piccola ai tempi, ma ricordo bene quella sensazione di quando non senti più la pelle calda e distesa ma la senti tutta dura e a puntini, tipo pelle d’oca. Forse provavo a trasformarmi, perché sia a destra che a sinistra avevo solo oche e ochi che mi guardavano con gli occhi spalancati perché non ero proprio così…Difficile poter dire “co co” quando tutti dicono “qua qua” e in coro dicono “blablaBLA”.
E niente, un bel giorno guardai dritto negli occhi della maestra Oca, era grande, grandissima, e mi disse che io dovevo fare le uova e basta, perché nella vita solo le frittate potevo fare, che ero solo una gallinella qualunque. Io da buona gallinella qualunque ero un po’ arrabbiata nel sentire tutto questo, e quindi provai a beccarla, ma nulla, lei era grande, grandissima, ed era maestra in questo, ma solo in questo. Così in un attimo con il suo “qua qua” mi zittì e mi buttò dritta in gabbia.
Tutti intorno mi volevano “qua qua”, ma io mi sentivo felice da gallinella e così fui condannata. FOREVER. Gli anni della gabbia furono duri ma dopo molto tempo la mia vita da gallinella ingabbiata finì.
Circa dieci anni dopo ero io la maestra Gallina, grande, grandissima. E niente, in classe c’erano solo oche, e mi venne in mente di quando le oche mi mandavano occhiatacce e parolacce, mi ricordai di quanto erano cattivelle.
Io però, negli anni precedenti, di frittate ne avevo fatte, di cotte e di crude, ne avevo fatte e mangiate, e viste, e avevo guardato in basso, poi a destra e a sinistra e poi indietro e poi avanti, e avevo capito qual era il segreto per insegnare. Avevo capito, dopo tante frittate sbagliate, che di ricette ce ne sono moltissime, quasi infinite, forse un milione….e che il segreto per riuscire a farne una buona era proprio questo. Capito? Esatto: l’ingrediente segreto era proprio tutto qui.
Una volta trovato, da buona Galletta quale ero sempre stata, lo mostrai alle oche, che non credevano ai loro occhi. Così, tutte frastornate e stupite, ma non stupide come una gallinella, chiusero finalmente gli occhi e per la prima volta videro chiaro, chiarissimo. Ebbero come un lampo di genio.
Cucciolone
Andreamaria Fiore, 17 anni, temperamento fresco, viveva a Campo dei Fiori. Era davvero un cucciolo di ragazzo, gli piacevano davvero tanto i gelati al punto che ogni giorno mangiava tanti di quei gelatoni cuccioloni…..Cosa te lo dico a fare: una mandria a confronto era sazia.
Anche la nutrizionista lo chiamava Cucciolone, a volte per sbaglio Culone, ma vabbè, facile imbrogliarsi…Gli ripeteva che nella vita la misura era tutto, come la matematica, tutto era logica, tutto era calcolo. Allora lui iniziò a misurare tutto con estremo rigore, applicando tutte le regolette imparate: + x + = - (e) - x - = + . Rinfrescò la memoria e tutto parve chiaro, e proseguì dritto dritto, storto, storto.
Nei mesi successivi la dietologa, spazientita, gli disse: - Basta, Andreamaria! Ogni volta profumi di zucchero sempre di più, devi profumare il tuo ego. Capito? Cosa hai combinato in tutti questi mesi???-. Immediatamente la dietologa lo mise a stecchetto, dieta ferrea, micromolecolare. - Non devi mangiare -. In un battibaleno da balena si trasformò in leopardo e diventò bello come una divinità greca, un Dio, Dio Ego.
Andreamaria però a questo punto voleva profumare sempre di più e di più il suo ego. Così si fidanzò prima con Margherita, poi con Rosa, Gelsomino…ops, e poi perse il conto. AIAH la matematica! Un giorno ebbe un’illuminazione, non erano i fiori la sua vera passione, fece un bouquet di tutti quelli raccolti e li buttò.Andò a vivere in un campo senza fiori, solo erbaccia e profumo di mandrie, e si rotolava felice come un animale, diceva che aveva ritrovato il suo habitat, così primordiale, passionale, reale. Visse lì per dieci lunghissimi anni.
Andreamaria Fiore avrebbe voluto viverci all’infinito… se non fosse che s’era fatto magrolino il culone e un ciclone d’un tratto lo risucchiò.An mannaggia a quella matematica che l’aveva sempre tradito! Il calcolo gli sfuggiva sempre, tutto sembrava esasperato come una parabola.
D’altronde le curve erano sempre state le sue forme preferite, d’altronde la vita era un’altra cosa, e lui da buon culone lo aveva imparato.
T&T
Tommaso Trippa, 20 anni, viveva a Trapani. Usava il trapano tutta la giornata, costruiva palazzi e tutta la vita era cresciuto collezionando le figurine Panini, mangiando panini, senza nessuno che gli togliesse i pannolini, però. Ossessionato dalle figurine voleva diventare un figurino per fare bella figura con Tonino che di lavoro faceva il turista, tutto bello tatuato, stava al sole e poi si specchiava nell’acqua cristallina, pelle di diamante, brillava anche a 40 anni suonati a suon di raggi UV.
Erano grandi amici Tommaso e Tonino, T al quadrato, amore esagerato, tutto tossico e tenero, tormentato e tranquillo, tumultuoso e tattico, tsunami e tisane. PACE! In comune avevano deciso di dividere un gatto di nome Taglio.
La settimana era organizzata così: tre giorni e mezzo da Tommy e tre giorni e mezzo da Tony, una decisione democratica, civile e funzionale! Taglio tagliava bene il tempo, divideva Tommy e Tony quanto serviva, esattamente 84 ore d’aria! Miao! Ciao! Un taglio di qui e un taglio di lì, erano diventati quasi 20 anni di tagli, un matrimonio lungo, riuscito, salvo! Taglia e cuci, cuci e taglia finché Taglio non si ammalò. Il dottor Tonto fu diretto quando disse: - Troppo sangue perso - senza aggiungere un perché che spiegasse il vero perché.
Tommy e Tony allora iniziarono a pregare al cielo, e si rivolsero ad altri dottori nella speranza di avere una risposta diversa, ma dopo tante diagnosi il risultato fu lo stesso. Tutti dissero a Tommy e Tony che non c’era niente da fare, Taglio doveva restare a casa, niente spostamenti, solo coccole e carezze, al calduccio. T&T ci pensarono e ripensarono, ma tutto portava a una sola strada. Dopo 30 secondi decisero di fare, come le migliori aziende, un taglio al personale e via sani e salvi.